mercoledì 27 gennaio 2010


LA MODERNITA' CONTRO LA NATURA
Sfogliando IL CORRIERE DELLA SERA ho trovato un articolo molto interessante.
L'autrice è SUSANNA TAMARO.


"Viviamo in tempi di assolute certezze e di pochi dubbi. Alla cultura si è sostituita l'informazione, la denuncia, il consumo, la polemica. E così mi sono trovata a riflettere sul significato e l'origine della parola "cultura". Alla base della parola, c'è la radice kwel, il cui significato è quello di produrre un movimento circolare.
Nel passaggio al latino è diventato colere, coltivare[...] Basta avere lo sguardo un pò attento per rendersi conto della modificazione del paesaggio:
soprattutto nelle zone collinari e montane, dove una volta si stendevano vasti campi di orzo e di grano,
ora non ci sono che le sagome scure di rovi o brulli pascoli disseminati di pecore.
La natura ci offre i suoi doni e noi voltiamo la testa dall'altra parte.
C'è qualcosa di terribilmente inquietante nel non poter più coltivare campi.

In un mondo in cui il cibo è un problema per milioni di persone,
fa male al cuore vedere un tale inconcepibile spreco,
ma il turbamento più profondo viene dalla consapevolezza che si sia incrinato
il rapporto primario dell'uomo con la sua natura e con la natura che lo circonda.
Per coltivare la terra, bisogna conoscere il passato, vedere il presente immaginare il futuro,
sapendo che ogni gesto potrà produrre nuova vita,
nuova fertilità. Per rendere fecondo il terreno,
è necessario sapere osservare con molta attenzione,

saper asoltare, sapere reggere legami chiari tra le cose e intuire quelli meno chiari,
bisogna essere curiosi, provare, sperimentare, sforzarsi,
consapevoli che l'impegno non sempre sarà ripagato dal successo.
Si deve soprattutto amare e credere nella vita, perchè non si coltiva solo nutrimento,
ma qualcosa di molto più grande.
Dall'idea di coltivare la terra si è passati all'idea di coltivare
la propria interiorità,
i propri talenti, i rapporti.
La"cultura" della mente non richiede attitudini molto diverse dalla "coltura" dei campi: senso del passato, del presente, e del futuro, saper creare legami, essere spinti a crearne sempre di nuovi alla base di un' insaziabile curiosità e coltivare il dubbio come costante fattore di crescita.
Si catturano immagini, opinioni, polemiche, indignazioni, le si consumano,
e subito, con ansia bulimica, si riparte alla ricerca di altre immagini, altre opinioni,
altre polemiche, altre indignazioni da consumare.
In una tale frenetica frantumazione del pensiero,
il sapere non potrà che essere superficiale privo di radici;
e se è privo di radici, è incapace di assorbire il nutrimento, che,
nell'ambito della cultura, significa riuscire a cogliere connessioni profonde,
conoscere il passato ed essere aperti e vigili nel presente senza avere pregiudizi,
vuol dire vivere la curiosità e il desiderio della scoperta come forze fondanti dell'essere umano.

Una persona che coltiva e che si coltiva non è mai manipolabile.
Al posto del dubbio, si professano unicamente certezze, destinate a scontrarsi di continuo con altre
certezze di segno opposto senza possibilità di vero dialogo.
E l'assenza di dialogo ha spesso presagi di tempi oscuri.
Anche se può sembrare arcaico e lontano, il mondo naturale che ci circonda è lo specchio della società degli uomini e una società come la nostra che, costringe ad abbandonare i campi in balia dei rovi e la frutta marcire sugli alberi, è una società che ha smesso da tempo di coltivare il senso della vita e culla dentro di sè il germe dell' auto distruzione".

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